Mostra a cura di Ludovico Pratesi
Con opere di: Francesco Arena, Guido Casaretto, Johanna Diehl, Esra Ersen, Silvia Giambrone, Benedikt Hipp, Christian Jankowski, Alessandro Piangiamore
Dal 28 ottobre 2022 al 9 aprile 2023 il Museo Casa di Goethe a Roma presenta Viaggio in Italia XXI – Lo sguardo sull’altro, mostra a cura di Ludovico Pratesi, una sorta di viaggio fra le opere di otto artisti appartenenti a diverse generazioni, accomunati dal lavoro tra l’Italia e la Germania: Francesco Arena, Guido Casaretto, Johanna Diehl, Esra Ersen, Silvia Giambrone, Benedikt Hipp, Christian Jankowski, Alessandro Piangiamore.
VIAGGIO IN ITALIA XXI vuole essere un’indagine del presente dei viaggi in Italia, così fortemente cambiati negli intenti e nel carattere rispetto al Grand Tour dei tempi di Goethe.
A ognuno degli artisti il curatore ha chiesto di rispondere con un’unica opera alla domanda: come ti relazioni con l’altro?
Il tema del rapporto con l’altro è infatti diventato cruciale e scottante, in un tempo dove l’emergenza sembra essersi trasformata in allucinante normalità, in una Europa in cui ci si trova ad affrontare tematiche complesse come la questione dei migranti, la diversità di genere, il cambiamento climatico, l’affermazione delle identità delle minoranze o le limitazioni di libertà dovute alle pandemie.
Lo sguardo sull’altro diventa il filo rosso di una narrazione sospesa tra impegno ed evocazione, denuncia o metafora, per offrire ai visitatori una serie di riflessioni sul presente attraversato da tensioni contraddittorie, che gli artisti riescono a interpretare in maniera complessa e spesso lungimirante.
“L’Italia del XXI Secolo è parte dell’Europa, e ne condivide le problematiche e le contraddizioni. In un’epoca dove il rapporto con l’altro è sempre più complesso, gli artisti in mostra raccontano con le loro opere punti di vista differenti, attraverso linguaggi espressivi che vanno dal video alla pittura, dalla scultura alla fotografia” spiega il curatore Ludovico Pratesi.
Attraverso 34 opere la mostra gioca sull’incrocio degli sguardi degli otto artisti coinvolti: sia Francesco Arena che Silvia Giambrone affidano alla parola scritta i loro messaggi: il primo presenta una serie di paesaggi raccontati attraverso la scrittura, ridotti alla potenza di una sola frase, incisa su un’opera in bronzo simile a un panetto di argilla: messaggi minimali e poetici che si tramutano in oggetti apparentemente banali ma in realtà portatori di senso; la seconda denuncia la violenza sulle donne e il femminicidio, così frequenti in un paese di matrice maschilista come l’Italia, proponendo un’opera dove la parola diventa messaggio e testimonianza di una sofferenza troppo spesso taciuta.
Guido Casaretto reinterpreta il tema della maschera e del travestimento con una narrazione dal sapore metafisico rifacendosi, rielaborandolo con maschere sarde su un lago salato turco e tematizzando così l’appropriazione culturale e il trasferimento di rituali nel Mediterraneo. Anche Goethe era affascinato dalle maschere, soprattutto quelle del carnevale romano, tanto da inserirle nella sua opera più famosa: Faust, parte seconda.
La fotografia è usata per cogliere splendori e paradossi della Roma contemporanea, come per Johanna Diehl, che insiste sul tema della memoria, sondando ciò che resta dell’architettura e dell’estetica fascista nel presente: nelle sue fotografie si concentra sugli edifici dell’epoca mussoliniana e sulla loro presenza e sopravvivenza nell’urbanistica italiana; mentre Esra Ersen indaga la dimensione della migrazione attraverso la prospettiva degli immigrati che devono inserirsi nella società italiana, riflettendo parallelamente sul disagio sociale e sulla questione dei rifiuti a Roma.
Benedikt Hipp utilizza invece la pittura per raccontare il rapporto con l’altro in maniera simbolica e surreale: il viaggio diventa metafora, fisicità e vulnerabilità, persino desiderio.
Christian Jankoswki e Alessandro Piangiamore propongono, infine, una lettura più spirituale ed ironica del tema suggerito: il primo, con grande umorismo, ricrea un casting filmografico, alla ricerca del “Gesù perfetto”, cercando di denunciare o per lo meno svelare lo show business insito nel Vaticano, mentre il secondo trasforma un dettaglio del suo quotidiano in una visione spirituale e quasi mistica con un dittico di alto valore poetico, in cui il viaggio è verso il cielo, dove tracce del passaggio di uccelli indicano traiettorie celesti.
In occasione della mostra è prevista la pubblicazione di un catalogo disponibile a partire da gennaio 2023 e una serie di attività collaterali che prenderanno avvio da gennaio a marzo 2023.
GLI ARTISTI
Francesco Arena (Brindisi, Italia 1978)
La ricerca dell’artista si muove spesso lungo due binari – quello della storia collettiva, in particolare nazionale, e quello della storia personale – che formano due linee che si toccano, si sovrappongono, si incrociano. Nelle sue performance, installazioni e sculture, la cronaca “in-forma” gli oggetti, siano essi oggetti del quotidiano – agende, sigari, mobili da salotto – o realizzati con materiali tradizionali della scultura (marmo, ardesia, bronzo). Ha esposto al MAXXI di Roma, al MADRE di Napoli e alla Biennale di Venezia (2013).
Guido Casaretto (Istanbul, Turchia 1981)
Guido Casaretto ricostruisce oggetti e processi attraverso selezioni e nuove combinazioni, creando così un’iperrealtà che alla fine nasconde l’originale. Non si tratta della distinzione tra soggetto e rappresentazione, realtà e immaginazione, ma piuttosto della conoscenza di un continuum tra divenire e scadere, di sistemi dinamici il cui sviluppo nel tempo è imprevedibile. Ha esposto al MOCAK – Museum of Contemporary Art di Cracovia e alla Triennale di Melbourne.
Johanna Diehl (Amburgo, Germania 1977)
L’artista Johanna Diehl sviluppa la sua pratica dall’idea che la verità risieda nelle pieghe della memoria ed esplora ciò che si nasconde nei recessi oscuri e trascurati della nostra memoria culturale collettiva. Si interessa di forme di sovrascrittura della memoria e della presenza di ciò che è assente. Negozia l’identità dell’Europa contemporanea e le basi degli spazi costruiti e degli archivi privati. Ha esposto in diversi musei e istituzioni pubbliche in Germania tra le quali il museo di Osnabrück, la Deichtorhallen di Amburgo e la Kunsthalle di Bonn. Nel 2016 è stata borsista all’Accademia Tedesca Roma Casa Baldi.
Esra Ersen (Ankara, Turchia 1970)
La preoccupazione di Esra Ersen riguarda la diversità culturale e l’identità delle comunità e degli individui emarginati, o più precisamente l’uso da parte dell’individuo di strumenti culturali nella lotta per resistere all’ideologia dominante della maggioranza. Il suo metodo consiste nel concentrarsi sui piccoli incidenti ed eventi (di linguaggio, comportamento, interazione sociale) che racchiudono significati più grandi. All’insegna di un‘allegra sovversione, il suo lavoro si basa sull’analisi di situazioni sociali nel confronto con la cultura, i miti e l’economia. Vincitrice del Premio Roma Villa Massimo 2019/20, ha esposto al Frankfurter Kunstverein (2006) e ha partecipato alle biennali di Istanbul, San Paolo, Liverpool, Gwangju e a Manifesta 4.
Silvia Giambrone (Agrigento, Italia 1978)
Attraverso l’utilizzo di diversi linguaggi – performance, installazione, scultura, suono, video – il lavoro di Giambrone esplora le politiche e le pratiche del corpo con una particolare attenzione alle forme più sotterranee di assoggettamento. La sua ricerca indaga la dimensione politica dell’intimità poiché essa è il terreno in cui si radicano le forze più misteriose di ognuno. Ha esposto in diversi musei italiani, come il MAXXI, il museo del Novecento a Firenze e il MART di Rovereto.
Benedikt Hipp (Monaco di Baviera, Germania 1977)
Benedikt Hipp affronta temi attuali, così come miti tradizionali e ricordi personali, plasmandoli negli archetipi sociali del nostro tempo, attraverso dipinti, sculture e installazioni. Il corpo è un argomento chiave nella sua ricerca, volta ad una riflessione sui concetti di individualità e identità, così come il cambiamento e il significato del corpo quale luogo di azione architettonica, sociale e di culto. Le sue opere sono state esposte in varie mostre collettive e personali in istituzioni come Haus der Kunst di Monaco, la Schirn Kunsthalle a Francoforte e il CAPC a Bordeaux. Nel 2020/21 è stato vincitore del Premio Roma Villa Massimo.
Christian Jankowski (Göttingen, Germania 1968)
Christian Jankowski si relaziona con la storia, la politica e il linguaggio dell’arte. Le sue opere sono quasi sempre ‘performance’ – sia letteralmente che formalmente – in quanto i suoi allestimenti attentamente calibrati e gli scenari interattivi coinvolgono occasionalmente collaboratori ignari: televangelisti, indovini, guardie di frontiera e maghi professionisti. La natura collaborativa della pratica di Jankowski è fondamentale, poiché ogni partecipante spesso contribuisce inconsapevolmente alla propria trama alla storia. Curatore di Manifesta nel 2016, ha esposto in diversi musei internazionali come Kunsthaus Hamburg, Kunstmuseum Stuttgart, Macro Roma. Ha partecipato alle Biennali di Venezia, Taipei, Sydney e alla Biennale del Whitney. L’artista è vincitore del Premio Roma Villa Massimo nel 2010.
Alessandro Piangiamore (Enna, Italia 1976)
Piangiamore è affascinato dalle vibrazioni della materia e dall’infinito movimento della natura, sostituisce il dinamismo e le sensazioni momentanee alla tradizionale staticità della scultura. L’artista riesce così a comunicare l’istantaneità e le impressioni fuggevoli, utilizzando l’immateriale e il tangibile, l’artificiale e il naturale, materiali rigidi e materiali morbidi. Ha esposto in diversi musei, come la Galleria Nazionale e il MACRO di Roma e Palais de Tokyo a Parigi, e nel 2019 ha preso parte ad una mostra collettiva alla fondazione Pinault a Venezia.
Materiale stampa e foto: https://www.dropbox.com/sh/5jfroytjnvnfk7f/AACWTrrvC5hLIw1HYyToMln1a?dl=0
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