Francesca Melandri: “Piedi freddi”

 

L’autrice Francesca Melandri presenta il suo libro Piedi freddi in dialogo con lo scrittore Thomas Brussig, attuale borsista dell’Accademia tedesca Roma Villa Massimo

Francesca Melandri intreccia magistralmente i destini umani con la grande storia dell’Europa. Andrei Kurkov

Cosa significa la guerra? E cosa succede se si combatte dalla parte sbagliata? Francesca Melandri racconta la storia di suo padre e dà voce al silenzio di un’intera generazione. Una ricerca profondamente personale di indizi: un libro indispensabile per capire il nostro presente.

Un ospedale militare a Venezia. Disinfettante, sudore febbrile, puzza insopportabile di cancrena. Il figlio giace nel letto più lontano, addormentato. La madre solleva la coperta in fondo. Due gambe, due piedi. Uno, due, tre, conta le dita dei piedi, fino alla decima. Rimette a posto la coperta con cura: finalmente può svenire.

Nell’inverno 1942/43, i soldati italiani fuggono dall’Armata Rossa con scarpe con suole di cartone, decine di migliaia muoiono assiderati. La “ritirata di Russia” è impressa come un trauma nella memoria collettiva italiana, anche nella famiglia di Francesca Melandri. Suo padre è sopravvissuto.

Ma è solo quando le immagini e i luoghi della guerra in Ucraina diventano onnipresenti all’inizio del 2022 che Francesca Melandri si rende conto che è soprattutto in Ucraina che si trovava suo padre. Cosa ha vissuto realmente lì, perché era lì?

“Piedi freddi” di Francesca Melandri è un dialogo commovente con una persona cara: un libro senza sconti su ciò che la guerra fa ai corpi e alle menti, ieri e oggi, sulla narrazione come arte della sopravvivenza – e sulla nostra responsabilità storica di fronte all’attacco all’Ucraina.

La presentazione si svolge in lingua italiana e tedesca.

 

Francesca Melandri © Francesca Mantovani / Gallimard

Francesca Melandri, nata a Roma nel 1964, è una delle autrici italiane più apprezzate del nostro tempo. Si è fatta conoscere in Italia come autrice di sceneggiature per il cinema e la televisione. Con il suo primo romanzo Eva dorme, si è fatta conoscere anche da un vasto pubblico di lettori di lingua tedesca. Il suo secondo romanzo Più alto del mare (Premio Selezione Campiello) è stato salutato come un capolavoro dalla critica italiana. Il suo terzo romanzo Sangue giusto (2017), Premio Sila ’49 e selezionato al Premio Strega, è stato nominato dallo “SPIEGEL” romanzo internazionale dell’anno e è stato oggetto di numerose ristampe. Francesca Melandri collabora con il “Guardian” e altre testate europee. I suoi libri sono tradotti in molte lingue.

Thomas Brussig, nato a Berlino nel 1964, ha esordito nel 1995 con il romanzo Helden wie wir. A questo sono seguiti Am kürzeren Ende der Sonnenallee (1999), Wie es leuchtet (2004) e il musical Hinterm Horizont (2011). Le sue opere sono state tradotte in 30 lingue. I suoi romanzi più recenti sono Das gibts in keinem Russenfilm (2015), Beste Absichten (2017), Die Verwandelten (2020), Mats Hummels auf Paarship (2023) e Meine Apokalypsen (2023). Ha ricevuto diversi premi e riconoscimenti. Nel 2024/25 è borsista del Premio Roma dell’Accademia Tedesca Roma Villa Massimo. È membro di varie giurie e tra i fondatori del “Gruppe 05” di Lubecca. Nel semestre estivo del 2012 è stato titolare della cattedra di poetica presso l’Università di Coblenza-Landau. Thomas Brussig è stato il promotore della squadra nazionale tedesca di calcio per scrittori nel 2005.

In collaborazione con l’Accademia tedesca Roma Villa Massimo

Un nuovo sguardo sull’architettura di Roma

INCONTRI AL CORSO 18 è una serie di eventi in cui i borsisti, che per due mesi vivono e lavorano in Via del Corso 18, presentano i loro progetti in un dialogo aperto con Gregor H. Lersch, il direttore della Casa di Goethe, e il pubblico.

La borsista Laura Helena Wurth prepara a Roma un servizio radiofonico per Deutschlandfunk Kultur sull’influenza dell’architetta Plautilla Bricci sulla Roma barocca.

La visita di una città di solito si svolge in modo tale che si passa da un monumento all’altro, da un edificio famoso all’altro. In mezzo ci sono uomini seduti a cavallo che hanno costruito o almeno commissionato questi edifici. Camminando in una città, si ha l’impressione che le città siano fatte principalmente da e per i maschi.
A Roma, in particolare, c’è il monumento nazionale chiamato scherzosamente “macchina da scrivere”, Monumento a Vittorio Emanuele II, costruito su progetto di Giuseppe Sacconi.  Anche il Pantheon si pensa sia stato costruito da uomini. Tutta Roma è una città costruita da architetti. Ma è vero? Nel periodo barocco c’è stata almeno una donna architetto: Plautilla Bricci. Non solo costruì edifici in città, ma fu anche pittrice. Ha dipinto la pala d’altare della Cappella di San Luigi. Con la conoscenza dell’influenza di Plautilla Bricci si potrebbe vedere Roma in modo diverso. E anche la Roma moderna che si è sviluppata intorno al GRA verrebbe interpretata in modo differente se si conoscesse meglio Plautilla Bricci.

Come controparte nella storia tedesca, verrà messa in evidenza Astra Zarina. Un’architetta che ha influenzato in modo significativo l’aspetto odierno di Berlino con la progettazione del Märkisches Viertel nel 1966. Come Plautilla Bricci, Zarina ha sempre avuto uomini al suo fianco. Sia nel periodo barocco che negli anni Sessanta. Per il resto della sua vita, fino alla morte nel 2008, Zarina si è dedicata anche all’architettura italiana. È stata conservatrice nel comune di Civita.
Bricci e Zarina hanno influenzato l’immagine di una città, ma non vengono quasi mai citate quando si visitano queste città. L’esplorazione di queste due figure può contribuire ad una nuova valutazione dell’architettura e dell’urbanizzazione.

L’evento si svolgerà in lingua tedesca.

Laura Helena Wurth © Stephanie Neumann

 

Laura Helena Wurth

Laura Helena Wurth, nata nel 1989 a Berlino, è autrice e critica. Si è laureata in Arte e Cultura all’Università di Maastricht e ha conseguito un Master all’Università Humboldt di Berlino. Scrive regolarmente di arte e architettura contemporanea per FAZ, FAS, NZZ ed è redattrice di Deutschlandfunk Kultur. È cofondatrice del project space FKA SIX, che ha affrontato il tema delle rovine contemporanee in un centro commerciale nel 2023. Insieme a Louisa Hölker, pubblica la rivista d’arte monotematica One to(o) Many, che unisce molte voci diverse in un’unica opera d’arte.

Un caloroso ringraziamento alla Karin und Uwe Hollweg Stiftung per il suo sostegno al programma di borse di studio.

Evento correlato alla mostra Max Liebermann. Un impressionista di Berlino

Referente: Agnese Pergola, Museo Nazionale Romano
Conduce: Alice Cazzola, curatrice della mostra Max Liebermann. Un impressionista di Berlino

Max Liebermann si recò nella capitale italiana in occasione dell’Esposizione Internazionale d’Arte di Roma del 1911. Durante questo viaggio visitò la Villa di Livia vicino Prima Porta, dove ammirò il murale sotterraneo di un giardino idilliaco pieno di una grande varietà di piante e uccelli. Tornato nella sua casa estiva di Wannsee, vicino Berlino, si mise subito a lavoro e creò una sua interpretazione nella loggia, alcune parti delle quali sono sopravvissute fino ad oggi.

Gli affreschi della villa di Livia sono conservati al Museo Nazionale Romano, presso il Palazzo Massimo alle Terme, e hanno dato vita a una collaborazione con il Museo Nazionale Romano. In conversazione con la curatrice Alice Cazzola, l’archeologa Agnese Pergola, responsabile della sede di Palazzo Massimo, ripercorrerà la storia degli affreschi bimillenari e del loro ritrovamento nel 1863 fino al loro trasferimento al museo. In risposta, Alice Cazzola commenterà il fenomeno della ricezione dell’antico nell’opera di Max Liebermann.

Immagine: Il giardino dipinto dalla Villa di Livia, dettaglio parete a Sud, 40-20 a. C., Museo Nazionale Romano, Palazzo Massimo, Roma © Museo Nazionale Romano, foto: Simona Sansonetti

Photographische Kunstanstalt v. Freyberg: Max Liebermann davanti alla loggia della sua villa, 1914, ristampa © Max Liebermann-Gesellschaft Berlin e.V., Foto: Andrea Veneri

Des Lebens goldner Baum – Eine Goethe-Sitcom (L’albero d’oro della vita – una sitcom su Goethe)

INCONTRI AL CORSO 18 è una serie di eventi in cui i borsisti, che vivono e lavorano in Via del Corso 18 per due mesi alla volta, presentano i loro progetti.

L’autore e traduttore Wolfgang Adenberg è a Roma alla ricerca del comico nella vita di Goethe e sta scrivendo una sitcom in otto episodi nello stile di Big Bang Theory o Modern Family.

Goethe era il principe dei poeti, un olimpionico, il preferito dagli dei, venerato da migliaia di persone durante la sua vita – e ben consapevole della sua importanza. Ma Goethe era anche una persona riservata. Come si comportava con un figlio adolescente che trovava semplicemente imbarazzante il padre? Con una moglie che esigeva più aiuto in casa invece di discorsi eruditi? Con un rivale di nome August von Kotzebue, che gli rende la vita difficile con continui intrighi?

Wolfgang Adenberg ci parlerà di come questi aspetti vengono affrontati nella sua sitcom in un dialogo aperto con il pubblico.

La conversazione si svolgerà in lingua tedesca.

Foto: Wolfgang Adenberg @ Martin Miseré

 

Wolfgang Adenberg (nato nel 1967 a Colonia) è uno degli autori e traduttori più rappresentati del teatro musicale in lingua tedesca. Ha scritto i libretti di oltre 20 musical e opere liriche (tra cui Emil und die Detektive, Moulin Rouge Story, Der Mann, der Sherlock Holmes war, Gefährliche Liebschaften o Wie William Shakespeare wurde) e le traduzioni di oltre 50 altre opere (Mary Poppins, Titanic, We will rock you, ecc.).

Durante la pandemia di coronavirus, si è dedicato alla stesura di sceneggiature e ha realizzato diverse serie di radiodrammi, tra cui la serie di 18 episodi del true crime Erwischt! Zeitreise ins Verbrechen e il relativo podcast.

Oltre alle sue attività artistiche, il laureato in legge ha trascorso 20 anni come consulente legale del Deutscher Akademischer Austauschdienst (DAAD) a Bonn prima di decidere di dedicarsi completamente alla scrittura.

Wolfgang Adenberg è stato insignito, tra gli altri, del premio Goldene Schallplatte, del Deutscher Musicaltheaterpreis e del Stuttgarter Publikumspreis.

Un caloroso ringraziamento alla Karin und Uwe Hollweg Stiftung per il suo sostegno al programma di borse di studio.

 

L’autrice in dialogo con Sandra Paoli
Modera Gregor H. Lersch

Emine Sevgi Özdamar è una delle più significative autrici, che ha aperto nuovi orizzonti, temi e ha dato un suono altamente poetico alla lingua e alla letteratura tedesca. Arrivata dalla Turchia nella Berlino divisa dal muro, Özdamar arricchisce da oltre tre decenni la scena letteraria della lingua tedesca con i suoi romanzi, racconti e opere teatrali, tra cui l’opera Ein von Schatten begrenzter Raum (Suhrkamp Verlag 2021), che leggerà alla Casa di Goethe.
Gli insoliti accorgimenti stilistici letterari e i modi di parlare di ispirazione turca caratterizzano i suoi testi multiprospettici, che presentano un ampio panorama tra esperienze personali intime e la storia turco-tedesca, dalla Prima Guerra Mondiale allo spirito di ottimismo degli anni ’60 e ’70 fino ai giorni nostri. Il lavoro di Emine Sevgi Özdamar apre un dialogo intellettuale e poetico tra diverse lingue, culture e visioni del mondo.

Emine Sevgi Özdamar è cresciuta a Istanbul, dove ha frequentato la scuola di teatro. A metà degli anni Settanta si è recata a Berlino e Parigi e ha lavorato con i registi Benno Besson, Matthias Langhoff e Claus Peymann. Ha interpretato numerosi ruoli cinematografici e dal 1982 scrive opere teatrali, romanzi e racconti. Özdamar è membro della Deutsche Akademie für Sprache und Dichtung (Accademia tedesca per la lingua e la poesia) dal 2007 e membro della Akademie der Künste Berlin (Accademia delle Arti di Berlino) dal 2014. Vive in Germania, Turchia e Francia.

A partire dal 1991 ha ricevuto numerosi premi letterari, tra cui il premio Ingeborg Bachmann per parti dell’opera Das Leben ist eine Karawanserei – hat zwei Türen – aus einer kam ich rein aus der anderen ging ich raus, pubblicato nel 1992. Nel 1998 uscì il suo secondo romanzo Die Brücke vom Goldenen Horn. Nel 2022, con il romanzo Ein von Schatten begrenzter Raum ha vinto il Premio letterario di Düsseldorf, il Premio Schiller e il Premio Georg Büchner.

Sandra Paoli si è laureata in Culture e letterature comparate presso l’Università Roma Tre, ed è stata visiting scholar presso l’Università del Michigan. La sua ricerca è focalizzata sullo studio comparato di letteratura e cinema delle diaspore. Temi sui quali ha pubblicato, tra l’altro, “L’Occidente transculturale al femminile” (Mimesis, 2018). Ha collaborato con il manifesto, MF-Milano Finanza, Il Sole 24 Ore (dorso Nordest), Corriere del Veneto. Per ytali è responsabile della sezione “Un certo sguardo” e ha curato il volume collettaneo “Caleidoscopio tedesco”. É stata docente all’università di Padova e attualmente lo è all’Università di Udine e all’Università Roma Tre, oltre a essere insegnante di Tedesco al Liceo Canova di Treviso.

L’evento si svolgerà in lingua tedesca con traduzione simultanea in lingua italiana.

Nell’ambito della mostra Viaggio in Italia XXI – Lo sguardo sull’altro, gli artisti Silvia Giambrone e Alessandro Piangiamore discutono con il curatore Ludovico Pratesi e il direttore del Museo Casa di Goethe Gregor H. Lersch delle loro opere esposte e dei diversi concetti del viaggio tematizzati dagli artisti.

Con Off the pain Silvia Giambrone presenta un lavoro realizzato appositamente per questa mostra. Ispiratasi al “Giovane Werther” di Goethe, l’artista affronta il tema del suicidio, intraprendendo un viaggio nella propria psiche. Il dittico Qualche uccello si perde nel cielo di Alessandro Piangiamore accompagna l’osservatore in un viaggio verso il cielo, in cui le piume, tracce di migrazione degli uccelli, rimandano a traiettorie celesti.

La conversazione si svolge in italiano.

SILVIA GIAMBRONE

Silvia Giambrone lavora con diversi linguaggi e incentra la sua ricerca sulle
forme più sotterranee di assoggettamento. Vince il Premio VAF 2019. È ambasciatore per Kaunas Capitale europea della Cultura 2022.

Alcune tra le sue mostre più significative includono:
Reclaiming and Making: Art, Desire, Violence, Museum Of Sex, New York, NY, 2022; Blow-up Arthouse
Film Festival di Chicago, USA, 2022; INTERTWINGLED – The role of the Rugs in Art, Craft and Design, La Galleria Nazionale, Roma, 2022; Fine Arts Festival 2022, Los Angeles, 2022; Female Feedback Film Festival, Los Angeles / Toronto, 2022 Io dico io, La Galleria Nazionale, Roma, 2021; Galleria delle Ombre, Dior Show FW 2021, Reggia di Versailles, 2021; Mascarilla 19 – Codes of domestic violence, LOOP Festival, Fundació Antoni Tàpies, Barcelona, Spagna, 2021; ; Nobody’s room. Anzi, parla, Museo del Novecento, Milano, 2020; Wall-eyes. Looking at Italy and Africa, Keynes Art Mile, Johannesburg, 2019; VII Premio Fondazione VAF, Mart, Rovereto, 2019; VII Premio Fondazione VAF, Stadtgalerie Kiel, Germania, 2019; Sovvertimenti, Museo Novecento, Firenze, 2019; Corpo a corpo, La Galleria Nazionale, Roma, 2017; Terra mediterranea: in action, NiMAC, Cyprus, 2017;  W Women in Italian Design, Triennale Design Museum, Milano, 2016.

© Fabrizio Cestari

© Fabrizio Cestari

ALESSANDRO PIANGIAMORE

Alessandro Piangiamore è nato ad Enna nel 1976.

È interessante come nella sua ricerca, l’artista non attinga ad un immaginario vero e proprio quanto al mondo naturale e al quotidiano, quindi a ciò che abbiamo costantemente sotto gli occhi, per rielaborarlo in una forma che ne stravolge la percezione.

Nel suo lavoro è ricorrente il tentativo di cristallizzare l’effimero, l’evanescente, attraverso un approccio pratico alla materia che, come sostiene l’artista, gli permette di aderire alla realtà e di comprenderla. La sua pratica mantiene sempre una dimensione intima e poetica che spesso lascia al caso l’incombenza della forma finale.

Tra le mostre personali vanno ricordate:

Frangiflutti, Magazzino, Roma 2022; Marango,  Casa Italiana Zerilli-Marimo’ NYU, New York (US), 2018; La carne delle cose (Nella polvere, api e petrolio fanno luce), Centre d’art contemporain La Halle des bouchers,Vienne (FR), 2018; La carne delle cose (Una rosa e quattro venti), Espace arts plastiques Madeleine-Lambert, Vénissieux (FR), 2018; Quaranta, Magazzino, Roma, 2016; Primavera Piangiamore, Palais de Tokyo, Parigi, 2013; Tutto il vento che c’è, GAMeC, Bergamo, 2011.

Ha preso parte a numerose mostre collettive, tra le quali:

Le Songe d’Ulysse, Fondation Carmignac, Porquerolles (FR), 2022; Camera Picta, Galleria Civica, Trento, 2021;
What’s new? Collezione Giancarlo e Danna Olgiati, Lugano (CH), 2020; Luogo e Segni, Punta della Dogana- Pinault Collection, Venezia, 2019;  Da io a noi, Palazzo del Quirinale, Roma, 2016; The Lasting – L’intervallo e la durata, Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma, 2016;  Not really Really, Frédéric de Goldschmid Collection, Brussels, 2016; Meteorite in giardino, Fondazione Merz, Torino, 2014; Smeared with the Gold of the Opulent, Nomas Foundation Roma, 2012.